pubblicazioni anni 2000

Lo sguardo critico.
Cultura e fotografia in Italia 1943-1968

A cura di Cesare Colombo – Agorà, Torino 2003

“Vorremmo chiarirlo subito. Questa è un’antologia di testi che si riferiscono sempre ad immagini fotografiche, e ai problemi di lettura o interpretazione che da esse derivano. Rappresenta una somma di idee e opinioni scritte che non possiedono un immediato visibile riscontro, al contrario degli oggetti cui si riferiscono […].
In secondo luogo, proprio mentre sottolineiamo l’inevitabile astrazione dei concetti contenuti in queste pagine, noi non possiamo evitare la consapevolezza del clima sociale e culturale che circonda questi testi, queste teorie, o ipotesi. Esse si fanno luce già negli anni del secondo conflitto, quando l’illusione di una possibile vittoria dell’Italia fascista era scomparsa; e si moltiplicano poi nel fervore indistinto del dopoguerra, tra le speranze di una rinnovata vita democratica e lo smarrimento di fronte a una ricostruzione, non solo materiale ma anche intellettuale, dopo vent’anni d’isolamento. La fotografia lungo gli anni Trenta aveva sempre più affermato – nei paesi di consolidata civiltà industriale – una propria autonomia di linguaggio, attraverso il lavoro continuo di operatori culturali, di editori, di archivi e agenzie; tutti dediti ad una penetrazione e diffusione sociale delle immagini ben più rapida del progresso tecnologico, pur continuo, svoltosi dalla prima metà dell’Ottocento. L’Italia sconta invece il suo ritardo politico e intellettuale: che riguarda congiuntamente le arti e i modelli di comunicazione e che va ad aggiungersi anche alle antiche contraddizioni della propria cultura. Non è questa l’occasione per un elenco di handicap storici. Ci basti ricordare l’eterno accademico prepotere della cultura umanistica rispetto a quella scientifica e tecnologica. E da qui il disprezzo per la fotografia, arte minore e illegittima, con dipendenza inesorabile dallo strumento ottico e dai materiali sensibili. Si aggiunge un pari disprezzo per i fotografi, visti come pittori falliti, al massimo abili artigiani, fornitori di immagini da studiare e “interpretare”.
Da questa condizione di subalternità culturale della fotografia partono, in salita, i “moderni” contributi italiani ad una nuova definizione del linguaggio, che noi in queste pagine abbiamo cercato di allineare.”
(Cesare Colombo, dall’Introduzione)

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